L’assistenza per i malati di Alzheimer: qual è il ruolo della badante nelle cure domiciliari
Fornire un adeguato livello di assistenza per i malati di Alzheimer è un compito fondamentale ma impegnativo a ogni stadio della patologia. Se la scelta ricade sulle cure domiciliari, una badante specializzata in caregiving per anziani con demenza aiuta ad affrontarne il decorso nel modo più sereno possibile per l’infermo e i suoi cari.
Grazie alle competenze specifiche nella gestione di soggetti affetti da neurodegenerazione, infatti, l’assistente familiare può occuparsi dell’anziano a livello globale. Vale a dire: sia sul versante assistenziale (di concerto alle altre figure professionali coinvolte come ad esempio il neurologo, il fisioterapista, l’infermiere a domicilio, etc.) che su quello psicologico ed emotivo.
Ed è vitale, perché la demenza influisce pesantemente su ogni aspetto della vita del portatore e dei suoi familiari. Basti considerare che nello stadio più avanzato e invalidante l’anziano perde del tutto la capacità di provvedere a sé stesso.
L’assistenza per malati di Alzheimer diventa perciò tanto, troppo onerosa per i familiari. Che da un lato possono risultare impreparati a gestire i cambiamenti del malato, e dall’altro vedono una drastica riduzione della qualità delle loro vite anche a causa del coinvolgimento emotivo.
Vuoi capire se una badante specializzata nel supporto domiciliare a chi soffre di declino cognitivo (Approfondimento: “Quali sono le diverse tipologie di assistenza domiciliare?“) può rivelarsi la soluzione idonea per te? Per fare la scelta giusta ti offriamo il nostro approfondimento su questa forma di demenza, corredato di tutte le informazioni utili sul supporto a domicilio per i pazienti.


Indice articolo
- 1.Caratteristiche e sintomi della patologia di Alzheimer-Perusini o morbo di ALZHEIMER
- 2.Cos’è il morbo di Alzheimer?
- 3.Quali sono i primi segnali di allarme?
- 4.Fasi di progressione della malattia dell’Alzheimer
- 5.Come comportarsi e prendersi cura della persona malata di Alzheimer
- 6.I disturbi del linguaggio: come comunicare efficacemente con la persona malata
- 7.Il comportamento chiamato “delirio di latrocinio”: Cos’è e come gestirlo?
- 8.Dalla negazione all’attaccamento patologico: Come comportarsi?
- 9.Chi assiste una persona malata di Alzheimer: Badante specializzata o RSA?
- 10.Principali elementi da valutare per trovare la soluzione migliore
- 11.Assistenza domiciliare per malati di Alzheimer. Quanto costa una badante specializzata e quali sono i benefici.
- 12.Tipologia di contratti e stipendio per la badante specializzata
- 13.Orari, ferie, permessi della badante per malati di Alzheimer
- 14.Come assistere in casa la persona affetta da Alzheimer
- 15.Arredare casa di una persona affetta da Alzheimer
- 16.A cosa ha diritto una persona malata di Alzheimer? Una guida agli aiuti economici per le cure domiciliari
- 17.Assegno sociale sostitutivo, indennità di accompagnamento e legge 104
- 18.Assistenza Domiciliare Integrata
- 19.Detrazione delle spese di assistenza e deduzione dei contributi di colf e badanti
- 20.Deduzione spese mediche e di assistenza specifica
- 21.Home care premium Inps
Caratteristiche e sintomi della patologia di Alzheimer-Perusini o morbo di ALZHEIMER
L’assistenza per i malati di Alzheimer perché è così importante, e perché richiede particolari competenze? Per capirlo meglio appare utile chiarire in cosa consiste e cosa comporta questa patologia.
Si definisce malattia o morbo di Alzheimer oppure Alzheimer-Perusini una condizione complessa che si manifesta con demenza e altri deficit neurologici progressivi. Tale quadro clinico è dovuto alla degenerazione irreversibile di vaste aree della corteccia cerebrale e del tronco encefalico. Si tratta di una malattia tipica (ma non esclusiva) della terza età, con una preferenza per il sesso femminile.
Vari studi hanno dimostrato anche una maggiore diffusione del morbo negli individui portatori dell’allele APOE4 del gene APOE. L’allele (ce ne sono 4 in tutto) influisce sulla codifica dell’apolipoproteina E, una componente delle lipoproteine. Questa apolipoproteina E ha diverse funzioni importanti; tra le altre si lega al peptide beta amiloide coinvolto nell’Alzheimer, regolandone il metabolismo.
I dati forniti dall’OMS indicano che attualmente nel mondo ci sono circa 30-35 milioni di soggetti affetti da tale forma di demenza. All’incirca si tratta del 60% di tutti i casi di neurodegenerazione con declino cognitivo. In Italia l’ISS riporta 630.000 diagnosi accertate. Le statistiche ricalcano grosso modo quelle globali, evidenziando una diffusione significativamente correlata all’età.
Tra i 65 anni e i 69 anni il morbo affligge lo 0,7% dei soggetti femminili e lo 0,6% di quelli maschili. Dopo i 90 anni mediamente un soggetto su 5 presenta demenza (23% nel sesso femminile e 17% nel sesso maschile). Esiste però anche una forma di Alzheimer a possibile esordio precoce (5% dei casi) che riconosce una predisposizione ereditaria. Quest’ultima variante si manifesta prima dei 65 anni in un individuo su 2.
L’invecchiamento della popolazione mondiale dovrebbe associarsi a un incremento di tutte le forme di demenza, inclusa la malattia di Alzheimer. Se le stime dell’OMS si riveleranno corrette, nel 2050 si avranno 90 milioni di soggetti affetti da questa precisa patologia.
Un’anziana con demenza Alzheimer riceve assistenza

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Cos’è il morbo di Alzheimer?
Nel dettaglio in cosa consiste il morbo di Alzheimer? Da tempo sappiamo che questa malattia ha una genesi complessa, in cui spiccano:
- la formazione di grovigli neurofibrillari all’interno dei neuroni, dovuti principalmente a depositi anomali di proteina TAU. Questi ammassi nel tempo alterano l’architettura cellulare ostacolando il fisiologico trasporto degli elementi nutritivi e dei costituenti cellulari, nonché la sintesi di acetilcolina. La consistenza dei grovigli neurofibrillari risulta correlata alla gravità della malattia.
- L’accumulo di placche amiloidi (o senili) nello spazio extracellulare delle aree cerebrali colpite. Queste formazioni sono reperto relativamente comune anche nei cervelli di individui in età senile non affetti da demenza, ma meno marcate. Nella demenza Alzheimer viceversa sono consistenti e localizzabili già negli stadi precoci della patologia. Precisamente, si riscontrano a livello della corteccia interinale e dell’ippocampo. Queste 2 aree cerebrali comunicanti fra loro sono fondamentali per i processi mnemonici, l’apprendimento e l’orientamento.
- Il coinvolgimento di cellule gliali e astrociti, evidenziabili in numero anormalmente elevato intorno alle placche senili, con infiammazione delle aree interessate. Il loro ruolo nel favorire l’Alzheimer è controverso. In condizioni fisiologiche questi 2 tipi cellulari contribuiscono al buon funzionamento delle strutture nervose e le difendono da agenti eziologici potenzialmente nocivi. D’altro canto un loro eccesso può danneggiare i neuroni. Si pensa che l’iperattivazione che mostrano in concomitanza della malattia derivi proprio dal tentativo di eliminare le placche amiloidi. Studi più recenti suggeriscono come microglia e astrociti abbiano una duplice valenza, contribuendo da un lato al peggioramento del morbo e dall’altro al suo contenimento.
Il risultato di questi eventi correlati fra loro realizza la progressiva atrofia delle aree cerebrali coinvolte, che perdono la propria funzionalità.
Nonostante i vari presidi terapeutici oggi in campo, l’assenza di terapie risolutive comporta una prognosi infausta. Dal momento della diagnosi l’infermo ha un’aspettativa di vita media inferiore ai 10 anni. (Grosso modo appare inversamente correlata all’età: i soggetti con diagnosi prima dei 65 anni tendono a sopravvivere più a lungo).
Da sapere che oltre all’ereditarietà, all’età e al sesso altri fattori possono associarsi alla comparsa e favorire la progressione di questa demenza neurodegenerativa. Ecco quali sono:
- diabete;
- ipertensione;
- iperlipidemia;
- fumo;
- obesità;
- malattie cardiovascolari;
- sedentarietà;
- alcolismo;
- traumi cerebrali;
- inquinamento da polveri sottili;
- disturbi cronici del sonno;
- basso livello di scolarizzazione;
- livelli ridotti di testosterone nell’uomo;
- ipotiroidismo (correlazione in corso di verifica);
- probabilmente anche elevati livelli di alluminio nell’organismo.
L’aspetto positivo è che agire su questi fattori migliorando lo stile di vita e fornendo adeguata assistenza per malati di Alzheimer rallenta la comparsa della demenza e la sua evoluzione.
Abbiamo precisato che non esistono terapie risolutive; tuttavia i trattamenti attuali aiutano ad alleviare alcuni sintomi della patologia e a rallentare le manifestazioni proprie del declino cognitivo e motorio. I principali presidi terapeutici si basano su:
- inibitori delle colinesterasi (rivastigmina, galantamina e donepezil), che contrastano la riduzione patologica dell’acetilcolina (inibendone la degradazione);
- stimolazione cognitiva: ha lo scopo di preservare e allenare le facoltà intellettuali residue del paziente. Diversi studi mostrano come tale intervento neuropsicologico, grazie alla plasticità neuronale su cui fa leva, produca benefici rispetto alla malattia e alla qualità di vita del paziente. Il ruolo della badante specializzata nell’assistenza per malati di Alzheimer in tal senso è utilissimo. Grazie alla sua supervisione, il training anti-demenza può diventare quotidiano e continuativo (Approfondimento: “Assistenza anziani a domicilio“);
- di recente si sono aggiunti gli anticorpi monoclonali (donanemab e lecanemab) attivi contro la proteina beta amiloide. Il primo ha come target le placche senili già formate, il secondo agisce prevenendone la formazione. La somministrazione precoce di donanemab per esempio ha arrestato la progressione clinica della malattia per un anno nella metà dei soggetti su cui è stato sperimentato, rispetto al 29% dei soggetti non trattati. Purtroppo entrambi i farmaci possono dare notevoli effetti collaterali, in primis microemorragie ed edema cerebrale nelle aree target.


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Quali sono I primi segnali di allarme?
La demenza Alzheimer esordisce con sintomi, all’inizio saltuari e poi sempre più frequenti, che vengono notati anche dalla badante (se ne ha una), dai parenti e dagli amici.
La lista delle maniestazioni precoci della malattia comprende:
- amnesie concernenti eventi appena trascorsi e impegni quotidiani. I ricordi consolidati (persino dell’infanzia) inizialmente si mantengono integri;
- disturbi nell’espressione verbale, con impoverimento della varietà lessicale e difficoltà a tradurre in parole pensieri e intenzioni. Cala anche la capacità di comprensione del parlato altrui;
- riduzione delle abilità cognitive: imparare cose nuove sembra insolitamente arduo;
- compromissione dell’orientamento spaziale e temporale: l’anziano con Alzheimer al primo stadio può smarrirsi anche nel percorrere tragitti noti. Inoltre può confondere la cronologia degli eventi;
- cambiamenti di personalità: tipici sono l’irascibilità, l’apatia, i disturbi del ritmo sonno-veglia e la depressione, sovente connotata da una componente ansiosa. L’origine di questi sintomi è duplice. Da un lato deriva dalla consapevolezza frustrante della malattia da parte dell’infermo, dall’altro scaturisce dalla riduzione patologica dell’acetilcolina, neurotrasmettitore coinvolto anche nella modulazione delle reazioni comportamentali e nel ciclo sonno-veglia;
- momenti di assenza in cui il soggetto Alzheimer rimane immobile a fissare nel vuoto, e di cui non mantiene memoria (difficilmente compaiono il primo anno);
- minore destrezza, lieve alterazione della coordinazione motoria e dell’equilibrio. Questo problema riduce la qualità della vita soprattutto in coloro che per lavoro oppure hobby devono avere grande manualità. Rispetto al morbo di Parkinson comunque la sintomatologia appare meno eclatante (Approfondimento: “Assistenza domiciliare per malati di Parkinson: una scelta consapevole“) e l’esordio precoce riguarda soltanto alcuni malati;
- offuscamento del discernimento: si tratta di una manifestazione che richiede particolare vigilanza da parte dei familiari e/o della badante specializzata nell’assistenza per malati di Alzheimer. Il motivo: può tradursi in azioni rischiose per l’anziano e/o per terzi (guida pericolosa, manovre finanziarie azzardate, etc.);
- trascuratezza nella cura personale, con abbigliamento sciatto, talvolta inadeguato, e disinteresse verso l’igiene;
- agnosia (ossia perdita della capacità di riconoscimento sensoriale, ad esempio suoni) nonché ridotta abilità a valutare le distanze;
- incapacità a riconoscere alcuni odori (es. fumo, limone, mentolo).
Questi sintomi non compaiono mai tutti assieme. Spesso vengono imputati all’età, allo stress, insonnia o ad altre malattie presenti. Effettivamente, qualche dimenticanza e difficoltà ad affrontare le novità si riscontrano anche nei soggetti anziani sani e negli individui stressati. La differenza con la malattia di Alzheimer risiede nella gravità progressiva, frequenza e numero delle manifestazioni. La comunità medica consiglia di effettuare una visita specialistica quando si hanno alcuni episodi ripetuti di almeno 2 sintomi di declino cognitivo (ad esempio amnesie inusuali e difficoltà di orientamento).
La diagnosi serve ad accertare la demenza e a individuare la causa esatta. Ricordiamo infatti che oltre all’Alzheimer esistono altre forme neurodegenerative. Citiamo ad esempio la demenza da corpi di Lewy, demenza vascolare, da cause endocrine, etc. Il neurologo si affida all’anamnesi, agli esami strumentali specialistici (PET, RM), alla rachicentesi, accertamenti ematici e al test neuropsicologico.
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Fasi di progressione della malattia dell’Alzheimer
La classificazione più usata dell’evoluzione della patologia, utile anche a calibrare l’assistenza per malati di Alzheimer, ne suddivide il decorso in 3 stadi:
- quello iniziale, descritto nel paragrafo precedente, dura in media 24-48 mesi. La diagnosi può essere precoce o più tardiva in funzione di chi circonda l’ammalato. Questi infatti rileva un cambiamento, ma tende a rifiutarne la gravità. La perdita di autonomia è limitata, specialmente nel primo anno. La presenza di un’assistente familiare si rivela utile soprattutto quando l’anziano vive solo, ma con adeguati accorgimenti può essere solo diurna.
- Stadio intermedio. Si può protrarre dai 2 ai 10 anni. I sintomi della demenza neurodegenerativa si acuiscono, con agnosia e amnesie marcate. La memoria recente rimane la più compromessa: possiamo dire che l’infermo “entra ed esce” dalla realtà quotidiana a intervalli imprevedibili. Accanto a momenti di assenza o delirio se ne alternano altri di normalità, che purtroppo diventano sempre più rari. In questo stadio l’anziano con Alzheimer ha grossi problemi a interagire con gli altri, anche per la frequente afasia. Azioni comuni come cucinare, lavarsi, orientarsi e formulare astrazioni diventano ardue. Deliri e ossessioni sono comuni, mettendo sotto pressione i familiari. Idem le verbalizzazioni ininterrotte che manifestano alcuni soggetti. La necessità di assistenza fissa con una badante specializzata o tramite ricovero in una struttura diventano improrogabili.
- Stadio finale. Ha una durata media di 36 mesi. L’afasia e l’incapacità di fissare o recuperare i ricordi sono pressoché totali, pur residuando a tratti l’abilità a produrre ed interpretare messaggi non verbali ed espressioni facciali. Sulla falsariga si accentua l’aprassia, vale a dire la perdita di movimento e azioni appresi in passato. Con la sua progressione si arriva all’allettamento e all’incapacità di nutrirsi autonomamente. In questo stadio sono sempre presenti incontinenza urinaria e fecale. La deglutizione compromessa rappresenta una causa frequente di morte perché provoca polmonite ab ingestis (un boccone penetra nelle basse vie respiratorie). Altrimenti il decesso deriva dalla cachessia e dalle sue complicanze immunologiche, con comparsa di infezioni non debellabili.
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Come comportarsi e prendersi cura della persona malata di Alzheimer
Una badante specializzata nell’assistenza per malati di Alzheimer, così come i familiari e il personale sanitario, devono gestire il malato con cure e strategie a tutto tondo. La necessità di terapie farmacologiche e riabilitative infatti si associa a quella di interagire verbalmente col paziente, che come abbiamo visto diventa man mano più difficile. Non solo: occorrono grandi premure ed empatia perché la malattia, ed è intuibile, spaventa l’anziano e lo può spingere a comportamenti rischiosi o sgradevoli. Crisi di angoscia, depressione, un’aggressività reattiva richiedono un supporto emotivo e rassicurazioni frequenti.
L’assistente domiciliare o chi si occupa di lui/lei ha il non facile compito, insomma, di creare un equilibrio fra un atteggiamento accondiscendente e premuroso e una delicata fermezza indispensabile a prevenire situazioni pericolose. In più deve ovviare alle dimenticanze dell’ammalato per preservare il più a lungo possibile la sua normalità.
Ecco quindi le mansioni fondamentali per la caregiver addetta alla gestione di un soggetto con Alzheimer:
- creazione di una routine giornaliera gradita all’anziano, che va incoraggiato a mantenere la sua autonomia residua (impegni sociali, cura della persona, hobbies, etc.);
- somministrazione del vitto e della terapia medica, vigilando che l’anziano distratto o riluttante non salti il pasto o le dosi di medicinali. Riguardo all’alimentazione, la badante specializzata deve evitare diete scompensate ipercaloriche o restrittive, che l’infermo adotterebbe a causa dei falsi segnali biochimici dovuti al morbo di Alzheimer e alla terapia (iperfagia o ipofagia). Non meno importante l’attenzione nella scelta e preparazione di cibi di facile masticazione;
- attività motoria nei limiti delle possibilità del malato, evitando di forzarlo ma al contempo impedendogli di abbandonarsi alla pigrizia, dannosa (anche) per la demenza neurodegenerativa;
- stimolazione cognitiva e verbale: musicoterapia, disegno, conversazione, letture, giardinaggio, etc. rallentano la regressione mentale;
- passaggio a forme comunicative più semplici, includendo anche la comunicazione non verbale perché il malato la decodifica più facilmente;
- gestione degli sbalzi di umore dovuti alla patologia, ivi inclusi propositi di azioni pericolose e comportamenti sconvenienti. E’ anche doveroso notare che il paziente, essendo più fragile sul versante psichico ed emotivo, trae un grande beneficio dal ricevere premure e affetto;
- se necessario, modificare l’ambiente in cui vive l’anziano con Alzheimer per adattarlo alle sue condizioni. Assecondarne gusto estetico ed inclinazioni può risultare molto positivo, specialmente coinvolgendolo in prima persona nelle scelte. Al contempo la badante specializzata nelle cure domiciliari di malati con Alzheimer sa che vanno eliminati i fattori disturbanti (ad esempio, rumori striduli e improvvisi risultano particolarmente sgraditi a questi malati) o che possono mettere a rischio l’incolumità dell’assistito;
- infine, in presenza di conviventi, la caregiver può adoperarsi per facilitarne i rapporti con il paziente, spesso messi a dura prova dalla malattia.
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I disturbi del linguaggio: come comunicare efficacemente con la persona malata
Nell’ assistenza per malati di Alzheimer la badante, i familiari e chiunque interagisca con il soggetto deve far fronte all’afasia progressiva che questi subisce.
Per farsi comprendere è fondamentale adottare un eloquio lento, ben scandito, associato alla scelta di vocaboli semplici. Le frasi devono essere corte. Mentre si parla bisogna prestare attenzione che l’anziano abbia compreso prima di proseguire nel discorso (il segreto che noi consigliamo è di immaginare di parlare con un bimbo piccolo). Utilissima, in particolare negli stadi più avanzati, la comunicazione tramite gesti, toni di voci ed espressioni facciali, che risultano ben più intelligibili.
La difficoltà nell’espressione verbale del paziente si traduce nella scelta di vocaboli generici e imprecisi, interruzioni e ripetizioni anche illogiche. Nella fase tardiva il morbo annulla del tutto la capacità di parlare in modo compito. L’assistente familiare si regola adottando la necessaria pazienza e spronando il malato a farsi capire anche con gesti ed espressioni, oltre a formulare per lui/lei le frasi che indovina voglia pronunciare e che con l’ascolto potrebbe ricordare.
La diagnosi con indagini strumentali dell’Alzheimer mostra atrofia di alcune aree del SNC

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Il comportamento chiamato “delirio di latrocinio”: Cos’è e come gestirlo?
Il delirio di latrocinio è un sintomo di facile riscontro nelle demenze e altre condizioni patologiche come le intossicazioni alcoliche. E’ certamente frustrante per assistente familiare e parenti, ma un atteggiamento adeguato, unito alla consapevolezza che è frutto della malattia e non causato da una volontà di “ingiustizia” dell’infermo, possono fare la differenza.
Tale delirio si esterna quando il soggetto demente ricerca vanamente oggetti o denaro che lui stesso ha smarrito o di cui non ricorda la collocazione. La mancata consapevolezza della malattia o la sua negazione lo portano allora a ritenere di essere stato derubato, o magari oggetto di persecuzioni. In tali momenti l’infermo arriva ad accusare i suoi cari e le persone più fidate, potendosi anche spingere a reazioni violente.
La badante specializzata o i familiari devono mantenere un atteggiamento calmo, cordiale. Contrariare il malato può rivelarsi controproducente; ancora più evidenziare la bizzarria del suo atteggiamento. Per sbloccare la situazione riportando la serenità giova invece supportare l’anziano nel recupero dell’oggetto, possibilmente lasciandogli effettuare il rinvenimento da solo. Quando è impossibile (ad esempio un oggetto gettato via, soldi spesi) l’alternativa migliore appare trovare un oggetto sostituto oppure sviare l’attenzione del paziente verso qualcosa di suo interesse.
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Dalla negazione all’attaccamento patologico: Come comportarsi?
Le reazioni del malato Alzheimer alla propria condizione includono sovente atteggiamenti difensivi mirati ad arginare la paura per la perdita dell’autosufficienza. La negazione della patologia e la dipendenza totale da un caregiver sono 2 comportamenti opposti ma entrambi di comune riscontro.
Il rifiuto della consapevolezza può apparire spavalderia, ma in realtà è una risposta disperata a una grande sofferenza emotiva. Però può spiazzare i familiari o una badante non abituata a gestire anziani con demenza.
La reazione migliore a questo atteggiamento consiste nel rassicurare l’infermo e farlo sentire amato, vigilando nella maniera più discreta possibile sulle sue azioni. Quando si profilano rischi (ad esempio l’intenzione di modificare in modo irresponsabile la gestione del proprio patrimonio) occorre intervenire ma evitando di procurare mortificazioni. Ad esempio: trovare un valido diversivo che compensi il malato della perdita di autonomia, come incarichi scevri da rischi.
L’attaccamento patologico è l’altra condizione che ogni badante dedita all’assistenza per malati di Alzheimer conosce bene. Si esprime con la pretesa dell’anziano di avere il sostegno della sua assistente familiare (o del parente caregiver) in ogni momento e per qualunque cosa, incluse quelle che potrebbe ancora svolgere autonomamente. Risultato: pressione insostenibile per l’assistente e accelerazione della regressione psico-intellettiva del malato.
Per evitare la spirale viziosa che verrebbe a generarsi è vitale mantenere il paziente attivo, anche socialmente. Questo ne rafforza l’autostima e lo abitua ad altre figure di riferimento. La badante o il familiare non deve mai, però, cercarne di modificare il comportamento bruscamente. I primi tempi, assenze brevi e telefonate frequenti aiuteranno certamente l’infermo a non sentirsi abbandonato.
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Chi assiste una persona malata di Alzheimer: Badante specializzata o RSA?
Lungo l’intero arco della malattia la necessità di assistenza per malati di Alzheimer pone i familiari davanti a un quesito: cure domiciliari con l’assunzione di una badante specializzata o residenza sanitaria assistenziale? Ciascuna alternativa ha pro e contro, in funzione di vari fattori.
La badante impegnata nell’assistenza domiciliare del paziente con demenza può costituire un aiuto prezioso, adoperandosi per preservare la sua salute psicofisica, le sue abilità, la sua soddisfazione esistenziale e la sua incolumità. Il ricovero in RSA d’altro canto significa assistenza 24/7 da parte di un’equipe sanitaria completa.


Il supporto per gli anziani con Alzheimer si basa anche su dialogo e monitoraggio della persona
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Principali elementi da valutare per trovare la soluzione migliore
La decisione sulla migliore assistenza per malati di Alzheimer richiede la disamina dei fattori evidenziati di seguito, che da un caso all’altro possono avere una rilevanza differente.
Volontà dell’anziano. Quasi sempre, e in particolar modo quando la malattia non ha ancora preso il sopravvento, l’anziano con demenza preferisce rimanere nella sua casa. Se le cure domiciliari si rivelano adeguate, magari coniugando ove necessario la presenza di una badante specializzata con l’ADI (assistenza domiciliare integrata) il rispetto di questo suo desiderio appare sensato.
L’anziano a proprio agio reagisce meglio alla malattia, può essere confortato dai conviventi e ha un’assistenza domiciliare personalizzata. I familiari d’altro canto eviteranno rimorsi di coscienza (giusti o meno che siano) per averlo “scaricato” in una RSA.
Disponibilità economica. L’assunzione di una badante specializzata nelle cure domiciliari per malati con deterioramento cognitivo di Alzheimer è economicamente gravosa, mentre per il ricovero in una RSA paga il SSN. L’attuale bonus badante, gli sgravi fiscali e l’assegno di accompagnamento però riducono la spesa privata anche nel primo caso. Inoltre, negli stadi iniziali e/o in presenza di parenti caregiver, la presenza di un’assistente familiare a ore (Approfondimento: “Quanto costa una badante a ore”) comporta un esborso minore.
Presenza di familiari conviventi. Quando la demenza Alzheimer produce atteggiamenti incompatibili con la convivenza (aggressività di difficile gestione, irrequietezza incontrollabile, vocalizzi perduranti) la RSA appare la soluzione preferibile.
Stadio della malattia. Lo stadio precoce dell’Alzheimer riduce ma non azzera l’autonomia del malato, che può ancora rimanere solo almeno per parte della giornata. In questo caso si può pensare a un’assistente domiciliare per coprire determinate fasce orarie.
Lontananza geografica da una RSA idonea. Non tutte le residenze sanitarie assistenziali sono idonee per i pazienti con demenza, ne occorre una con nucleo Alzheimer. Il rischio che si crea però è di allontanare troppo l’infermo e i suoi cari. In tal caso l’opzione badante specializzata potrebbe risultare migliore.
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Assistenza domiciliare per malati di Alzheimer. Quanto costa una badante specializzata e quali sono i benefici
Le cure domiciliari per gli anziani affetti da demenza Alzheimer hanno un costo mensile misurabile in centinaia o migliaia di euro. La formazione della badante specializzata naturalmente si traduce in un compenso superiore rispetto a quello di una badante “generica”. Ma lo è di pari merito il livello della sua assistenza.
Riassumiamo il perché: un soggetto Alzheimer presenta ridotta o nulla (a seconda dello stadio) autosufficienza e problematiche importanti. Dalle difficoltà comunicative all’impossibilità di gestire impegni, guidare l’auto, orientarsi, assumere regolarmente le terapie e via dicendo, averne cura è compito che trova i familiari sovente impreparati sul piano pratico ed emotivo. Affidarsi allora a una badante di livello DS, anche con certificazione OSS oppure OSA significa garantire al proprio caro un aiuto concreto e realmente adeguato alle sue necessità.
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Tipologia di contratti e stipendio per la badante specializzata
Per le assistenti familiari di livello DS sono previsti 4 tipologie di contratto. Ad ognuno corrisponde ovviamente una differente retribuzione. Eccone l’elenco aggiornato:
- badante specializzata convivente: costo totale mensile inclusi contributi e altre voci di spesa obbligatorie: a partire da € 2.088;
- badante non convivente: costo orario di € 9,50 + scatti di anzianità (come sopra) + vitto (1 pasto) per servizio di almeno 6 ore continuative;
- assistente notturna (si occupa attivamente dell’anziano): mensilità lorda e voci correlate: a partire da € 2.103;
- sostituzione riposi: la sostituzione standard di 16 ore lavorative nel weekend ha un costo tutto incluso a partire da € 927.
Precisiamo che l’assistente domiciliare privata convivente, se ha mansioni diurne, non lavora nella fascia notturna, avendo diritto a 11 ore di riposo consecutive. Se lo fa, matura il diritto a percepire gli straordinari nella misura del 50%.
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Orari, ferie, permessi della badante per malati di Alzheimer
Il contratto stipulato con una badante convivente a tempo pieno ne fissa l’impegno lavorativo a un massimo di 54 ore settimanali (10 h quotidiane non consecutive). Per ogni settimana è previsto un giorno e mezzo di riposo. La domenica è tassativamente di riposo, così come i festivi infrasettimanali. Il superamento della soglia comporta il pagamento di straordinari o il recupero.
Anche la badante notturna lavora 54 ore per settimana al massimo. La caregiver non convivente invece può lavorare fino a 40 ore settimanali con almeno un giorno di pausa (domenica).
Tutte le categorie hanno diritto a ferie retribuite di 26 giorni all’anno da godere in uno o due intervalli.
Relativamente ai permessi, la badante fissa ha diritto a 16 ore all’anno, quella a ore a 12 ore. Le assenze vanno inoltrate al datore di lavoro con un anticipo di almeno 48 ore e devono avere idonea giustificazione:
- visite mediche
- lutto
- parto e gravidanza
- attività di sindacato
- permesso elettorale
- nozze
- formazione professionale
- donazione del sangue
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Come assistere in casa la persona affetta da Alzheimer
Le cure domiciliari a beneficio di un soggetto con Alzheimer richiedono un impegno via via crescente. Inizialmente una badante a ore può essere un supporto sufficiente, mentre negli stadi più avanzati occorre assistenza continuativa.
L’aiuto domiciliare all’anziano con demenza al primo stadio consiste nell’affiancarlo e stimolarlo nelle attività che lo vedono ancora (almeno parzialmente) indipendente e nel disbrigo delle mansioni che non riesce a svolgere (commissioni, pulizia della casa, gestione del calendario degli eventi).
Particolare attenzione va posta alla terapia farmacologica. Infatti le amnesie rendono difficile al soggetto assumerla regolarmente. I cambiamenti di personalità vanno gestiti con autocontrollo e gentilezza, evitando sterili discussioni ma al contrario facendo avvertire all’anziano il proprio affettuoso interesse.
Quando la patologia si aggrava la caregiver si adegua, accollandosi i compiti che l’assistito è ormai incapace a svolgere, e vigilando sulla sua incolumità messa a repentaglio dalle difficoltà motorie e di giudizio. Inoltre modula la comunicazione al suo stato mentale, semplificandola e basandola in larga misura su tono di voce e gesti.
Nell’ultimo stadio l’interazione è quasi esclusivamente basata sulla mimica facciale, sui gesti e sulle intonazioni di voce. Particolare attenzione va posta all’igiene (da considerare l’incontinenza) e alla preparazione degli alimenti. Questi devono essere liquidi, o semiliquidi (nonché concentrati) a causa della disfagia. La debilitazione organica richiede attenzione perché predispone a infezioni anche opportunistiche. Vale la pena sottolineare che pur se demente l’infermo è sensibile all’affetto e alle premure.
Una caregiver professionale con l’anziana di cui si prende cura ogni giorno

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Arredare casa di una persona affetta da Alzheimer
Quando in una casa entra l’Alzheimer occorre esaminare ed eventualmente modificare l’arredamento per renderlo a misura di malato. In dettaglio la badante si preoccupa di:
- eliminare/impedire l’accesso a potenziali fonti di pericolo (es. certi elettrodomestici);
- se possibile, specialmente in presenza di altre patologie invalidanti come l’artrite, far vivere l’infermo su un unico piano, perché le scale possono disorientarlo;
- lasciare le porte interne aperte per facilitare il suo orientamento;
- scegliere colori e stili di suo gusto. Questo sarà positivo anche per prevenire rifiuti a servirsi della mobilia;
- lasciare a vista calendari, immagini e promemoria che aiutino il malato a ricordare gli impegni e allacciarsi alla quotidianità reale;
- tenere temperatura e umidità a livelli confortevoli;
- usare i contrasti di colore per aiutarlo a individuare oggetti e attrezzi (ricordiamo che l’Alzheimer colpisce anche le capacità visive);
- parola d’ordine equilibrio: le stanze non devono essere sovraccariche ma nemmeno spoglie;
- usare etichette per facilitare la comprensione delle funzioni delle cose;
- mantenere gli ambienti ordinati;
- se la casa è in una zona rumorosa provvedere a un adeguato isolamento acustico;
- evitare i tappeti, l’anziano potrebbe inciamparvi.
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A cosa ha diritto una persona malata di Alzheimer? Una guida agli aiuti economici per le cure domiciliari
L’assistenza domiciliare per anziani con demenza cognitiva ha un costo economico rilevante di cui si fa carico il privato. In suo sostegno ci sono però bonus, agevolazioni, sconti fiscali e benefici erogati dal SSN, dalle Regioni (a loro volta finanziate tramite il Piano Nazionale delle Demenze) e dai Comuni ( Approfondimento: “Quali aiuti economici esistono per la assistenza domiciliare“). I portatori della demenza neurodegenerativa hanno diritto a:
- assegno di invalidità (si riconosce dal 61 al 70% al primo stadio, in seguito al 100%);
- indennità di accompagnamento;
- bonus caregiver (con requisiti reddituali e anagrafici);
- ADI;
- Home care premium INPS (per dipendenti pubblici/pensionati) fino a € 1050;
- deduzioni e detrazioni fiscali per assistenza e cure mediche/riabilitative;
- accesso a fondi regionali (con differenze tra regione e regione, ad esempio la Misura B1 e B2 in Lombardia);
- aiuti erogati dal Comune;
- Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD);
- pensione anticipata per il familiare caregiver (Quota 41 o APE Sociale);
- bonus sociale elettrico (per ISEE fino a € 15.000);
- esenzione ticket sanitari legati alla patologia.
Nota che il percettore può essere il malato o l’assistente che se ne prende cura. Alcune forme di sostegno elencate richiedono requisiti reddituali per l’accesso.
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Assegno sociale sostitutivo, indennità di accompagnamento e legge 104
L’assegno sociale sostitutivo viene erogato a chi ha compiuto i 67 anni e presenta invalidità certificata dalla Commissione Medica competente. Il requisito indispensabile per ottenerlo (a parte la perdita di autonomia) è un reddito massimo di 17.920,00 €. L’importo mensile nel 2025 ammonta a € 538,69.
L’indennità di accompagnamento per chi assiste un soggetto con Alzheimer può essere cumulativa o disgiunta dall’assegno per invalidità. Richiede il 100% di invalidità e l’importo è di € 542,02. Il reddito del percettore non influisce sull’erogazione.
La legge 104 interessa i lavoratori con parente (massimo di terzo grado) non autosufficiente convivente (o comunque abitante al medesimo numero civico). Consente di ottenere 18 ore mensili di permessi retribuiti per assistere l’infermo con invalidità riconosciuta. Le ore possono essere ripartite quotidianamente (massimo 2) o accorpate in 3 giorni lavorativi.
Il caregiver inoltre ha priorità nella scelta della sede lavorativa per avvicinarsi al malato. Esistono pure agevolazioni per acquistare veicoli o abbattere le barriere architettoniche, nonché per le spese sanitarie.
L’assistenza per Alzheimer a domicilio è una realtà capillare che aiuta molti malati

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Assistenza Domiciliare Integrata
Per ADI o Assistenza Domiciliare Integrata ( Approfondimento: “Assistenza domiciliare integrata: in cosa consiste e requisti necessari“) s’intende un servizio multidisciplinare gratuito erogato dal SSN. I fruitori sono soggetti non autosufficienti bisognosi di cure mediche, infermieristiche, fisioterapiche e di aiuto domestico (non necessariamente tutti insieme).
L’ADI lo scopo di fornire un’assistenza globale in presenza di condizioni o patologie curabili a casa, purché l’infermo disponga di un caregiver (l’Assistenza Domiciliare Integrata infatti non prevede un supporto 24h).
Esistono 3 livelli del servizio:
- a bassa intensità: è pensato per trattamenti da prolungarsi oltre i 12 mesi con interventi per un massimo di 5 giorni a settimana.
- a media intensità: per cure domiciliari di durata inferiore a un anno con assistenza settimanale di massimo 6 giorni;
- ad elevata intensità: si protrae fino a 6 mesi, l’assistenza è 7 giorni su 7.
Ogni percorso assistenziale ADI può essere prorogato qualora ne esistano i presupposti. Nel caso dell’Alzheimer, dato il decorso ingravescente, il beneficiario può passare da un livello al seguente.
Un aspetto importante di questo percorso assistenziale è il coinvolgimento della badante o del parente che si occupa del malato con demenza neurodegenerativa. Al medesimo viene insegnato cos’è e come gestire le problematiche della patologia.
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Detrazione delle spese di assistenza e deduzione dei contributi di colf e badanti
Gli sgravi fiscali legati all’assistenza per malati di Alzheimer e all’assunzione di colf e badanti rappresentano un recupero dei soldi spesi così misurabile:
- detrazione IRPEF 19% fino a un massimo di € 2.100, con tetto reddituale di € 40.000. Tassativo il pagamento tracciabile e la certificazione dell’invalidità;
- deduzione legata al contratto per badante/colf con un tetto di € 1.549,37.
Sia la detrazione che la deduzione vanno indicati nella dichiarazione dei redditi modello 730 o RPF.
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Deduzione spese mediche e di assistenza specifica
Le spese sanitarie sostenute dai portatori di demenza Alzheimer sono deducibili al 100% quando di tipo generico, ad esempio per i farmaci. Lo sgravio può essere applicato anche qualora sostenute dai familiari. Attenzione alla distinzione spese mediche generiche: i costi medici specialistici (prestazioni chirurgiche, analisi) invece godono di detrazione IRPEF al 19% sul surplus di € 129,11. Al 19% senza eccedenza si detraggono i costi dell’ambulanza o l’abbattimento di barriere architettoniche.
Risultano deducibili per intero l’assistenza specifica (fisioterapista, infermiere) anche senza prescrizione medica, e persino la musicoterapia (con prescrizione medica), purché in presenza di grave invalidità certificata e permanente.
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Home care premium Inps
Il progetto Home Care Premium dell’Inps o HCP può aiutare economicamente chi ha bisogno di assistenza per malati di Alzheimer purché si tratti di dipendenti pubblici (più familiari) e pensionati ex dipendenti pubblici. Questi possono beneficiarne in quanto aderiscono tramite versamenti contributivi al Fondo Gestione Unitaria. Tale progetto mira alla tutela delle persone con ridotta autonomia per preservarne le facoltà cognitive tramite servizi sociosanitari domiciliari mirati.
L’HCP offre un rimborso economico mensile per l’assistenza scelta dal cittadino, inclusa la badante. In alternativa, fornisce un servizio di assistenza erogato in convenzione (durata massima in entrambi i casi 18 mesi). Relativamente all’ assistenza per malati di Alzheimer, esiste anche lo specifico progetto Long Term Care che prevede l’inserimento in una RSA attrezzata per le demenze quando la permanenza a casa diventa impossibile.
L’inclusione nel programma richiede un’apposita domanda di adesione al bando di interesse pubblicato sul portale INPS. In seguito, se esistono i requisiti, l’infermo entra in una graduatoria calcolata sulla gravità del suo stato e sulla fascia di reddito. Quest’ultimo requisito avvantaggia i redditi inferiori. L’entità dell’aiuto ottenuto con Home Care Premium non è fissa, ma proporzionale al punteggio acquisito (massimo € 1.050).
Riferimenti
- https://www.nia.nih.gov/health/alzheimers-and-dementia/alzheimers-disease-fact-sheet
- https://www.nhs.uk/conditions/alzheimers-disease/
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/books/NBK499922/
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