Assistenza a domicilio per i malati di Parkinson
Il morbo o malattia di Parkinson è una forma di neurodegenerazione che limita progressivamente le facoltà motorie, comunicative e talvolta psichiche dell’individuo colpito. L’assistenza domiciliare per malati di Parkinson si rivela quindi una misura utilissima per garantire a ogni anziano colpito una vita il più vicino possibile alla normalità. Negli stadi avanzati e più gravi rappresenta l’unica alternativa al ricovero in una struttura specializzata.
Le figure idonee al ruolo di caregiver sono la badante specializzata di livello DS e/o i familiari. Il supporto fornito si affianca a quello di carattere sanitario fornito dall’infermiere, il logopedista, il fisioterapista, etc. In tal modo si realizza un sostegno globale che argina in modo incisivo i danni causati dalla patologia.
Occorre sapere però che l’assistenza socio-sanitaria presso l’abitazione di un malato di Parkinson deve risolvere sfide importanti. Il morbo infatti causa problemi dalla gestione complessa. E non pochi. Fra i più frequenti citiamo vertigini, rischio di cadute, afasia e una tipica rigidità muscolare sempre più marcata. Aiutare tale paziente richiede preparazione professionale, sensibilità ed energia, anche fisica. Se il caregiver è un familiare anziano, le difficoltà si fanno ad un certo punto insormontabili. Inoltre negli stadi più gravi il soggetto parkinsoniano richiede un aiuto 24 ore al giorno: un compito che nessuno può affrontare singolarmente.
Effettuare scelte oculate relativamente all’assistenza domiciliare per malati di Parkinson appare quindi il primo passo per assicurare a chi ne soffre e ai suoi cari il massimo benessere possibile (altre informazioni sull’assistenza domiciliare sono disponibili nel nostro Approfondimento: “Quali sono le diverse tipologie di assistenza domiciliare?”).
Bisogna insomma capire se la badante costituisce la risposta migliore per supportare chi soffre di questa patologia neurodegenerativa, consentendogli la permanenza nell’ambiente che gli è caro.
Come certo immagini ogni caso fa storia a sé. Questa guida ha lo scopo di aiutarti nella scelta. Inizieremo spiegandoti cos’è il Parkinson e poi qual è il ruolo dell’assistente familiare qualificata.
L’assistenza quotidiana per chi soffre di Parkinson rende più dignitosa e confortevole la vita del malato

Indice articolo
- 1.La malattia di Parkinson: Sintomi, cause ed esami di diagnostica
- 2.Sintomi precoci e tardivi del morbo di Parkinson
- 3.Quali sono le cause del Parkinson?
- 4.Il parkinsonismo
- 5.Come si diagnostica la malattia
- 6.Come la malattia di Parkinson condiziona la vita quotidiana
- 7.Capacità Motorie
- 8.Capacità Non motorie
- 9.Come gestire la mobilità di una persona malata di Parkinson: La funzione della badante
- 10.Vantaggi dell’assistenza domiciliare per malati di Parkinson
- 11.Assistenza domiciliare per malati di Parkinson: Inquadramento e retribuzione
- 12.Tipologia di contratti e stipendio per la badante specializzata
- 13.Orari, ferie, permessi della badante per malati di Parkinson
- 14.TFR, tredicesima e straordinari della badante per malati di Parkinson
La malattia di Parkinson: Sintomi, cause ed esami diagnostici
Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa che colpisce i neuroni appartenenti a un’area del sistema nervoso situata nel tronco encefalico. Esattamente, si tratta della substantia nigra presente nel sistema dopaminergico nigrostriatale. Questa regione ha un ruolo cruciale nel garantire la corretta trasmissione degli impulsi nervosi motori dal midollo spinale alla corteccia cerebrale motoria. Perché cruciale? Presto detto: senza una corretta comunicazione tra muscolo, midollo e cervello diventa impossibile iniziare e mantenere un qualunque movimento, dall’alzare una mano a stringere un oggetto.
Chiunque si occupi di assistenza domiciliare ai malati di Parkinson infatti può notare questa difficoltà di movimento che, come vedremo, si manifesta in vari modi.
La comunicazione nervosa nei motoneuroni (le cellule specializzate nel gestire la funzione muscolare) utilizza 2 neurotrasmettitori, la dopamina (una catecolammina) e l’acetilcolina. Questi operano in un complesso equilibrio dinamico l’uno con l’altro. Precisamente, l’attivazione dopaminergica garantisce l’avvio del movimento, la sua fluidità e coordinazione, controbilanciando l’azione eccitatoria mediata dall’acetilcolina sulla contrazione muscolare.
Se la dopamina viene a mancare, come appunto accade nella neuro degenerazione del Parkinson, si verificano vari sintomi. E’ facile intuire che i medesimi risultano tanto più marcati quanto più è grave la riduzione del neurotrasmettitore catecolamminergico. Entro certi limiti, in realtà tale perdita risulta un processo naturale legato all’invecchiamento. Nel corso della vita adulta tutti noi perdiamo mediamente il 4% dei neuroni dopaminergici ad ogni decennio. E questo contribuisce in modo incisivo a renderci più lenti e rigidi nell’età senile rispetto alla giovinezza. Ma nella malattia di Parkinson l’apoptosi (ossia morte) cellulare nella substantia nigra è di gran lunga maggiore.
Circa 3-5 anni dopo l’esordio delle lesioni anatomiche nei gangli della base in cui si trova la substantia nigra ecco quindi comparire i tipici sintomi motori della patologia di Parkinson. E’ il segno inconfutabile, purtroppo, che oltre il 60%-70 dei neuroni produttori di DA è già scomparso. Come se non bastasse la malattia di Parkinson causa un depauperamento neuronale anche in altre aree cerebrali: rafe, locus coeruleus, amigdala, etc. Queste lesioni incidono sui sintomi non motori della malattia, che come descriveremo sono numerosi.
L’assistenza domiciliare specializzata per malati di Parkinson è:
la soluzione per garantire al tuo caro tutto l’aiuto continuativo quotidiano di cui ha bisogno.
Una badante accudisce una donna anziana affetta da Parkinson

Voglio un preventivo e conoscere i vantaggi dei vostri servizi
———— 1 ————
Sintomi precoci e tardivi del morbo di Parkinson
La stadiazione della malattia di Parkinson conta 5 fasi, con sintomi man mano più numerosi e gravi. L’esordio delle manifestazioni tipicamente si verifica intorno ai 60 anni o più avanti. Soltanto il 10% delle diagnosi riguarda soggetti adulti più giovani; le casistiche comunque riferiscono un trend in crescita.
La comparsa della malattia in età pediatrica è possibile, però rarissima. Gli uomini appaiono lievemente più a rischio per cause ancora da identificare. Il decorso medio si aggira sui 15-25 anni; trattandosi di un’età avanzata contano anche le interazioni con eventuali patologie concomitanti.
La necessità di assistenza domiciliare per malati di Parkinson (Approfondimento: “Badante non convivente: assistenza notturna diurna a ore o full time”) potrebbe non sussistere nella fase iniziale. Oppure può bastare un aiuto part time. Vale in particolar modo per i soggetti che non manifestano altre patologie. In seguito il caregiving diventa fondamentale.
L’inizio della sintomatologia parkinsoniana è subdolo e sovente fuorviante. Può stupire apprendere che spesso le manifestazioni precoci sono di tipo non motorio, risultando invece correlate al malfunzionamento del sistema nervoso autonomo. La lunga lista dei segni clinici iniziali correlati al SNA include:
- anosmia o iposmia: i 2 termini indicano la perdita o riduzione dell’olfatto;
- depressione;
- insonnia, sonno agitato (sindrome delle gambe senza riposo) e/o incremento dell’attività onirica accompagnata da movimenti inconsapevoli (il soggetto può anche provocarsi lesioni o ferire il partner);
- stipsi e flatulenza;
- vertigini;
- debolezza;
- disfunzioni sessuali;
- disturbi della termoregolazione;
- ipotensione ortostatica, in particolare dopo pasti ricchi di carboidrati;
- scialorrea per riduzione della deglutizione;
- iperidrosi (eccessiva sudorazione) o più raramente ipoidrosi (riduzione della sudorazione); in associazione o in alternativa può presentarsi seborrea (cute grassa);
- dolore nella regione del collo come conseguenza dei muscoli contratti. E’ un sintomo che si manifesta più spesso nel sesso femminile.
Per quanto riguarda i sintomi motori che si palesano per primi notiamo:
- ipertono muscolare con ridotta estensione dell’arto durante il movimento: la causa risiede nell’ipereccitazione innescata dall’acetilcolina quando la sua azione non è più bilanciata da quella della dopamina. Questa condizione si manifesta con preferenza per un lato del corpo. Caratteristica è la diminuita oscillazione di un braccio durante la camminata;
- tremore monolaterale, tipicamente a riposo o dopo sforzo fisico;
- bradicinesia: iniziare un movimento per il malato di Parkinson è più laborioso e richiede più tempo, in particolare alzarsi in piedi dalla posizione seduta. Vari pazienti riferiscono la tipica sensazione di sentirsi trattenuti da funi;
- alterazione della grafia con rimpicciolimento del tratto a causa della ridotta manualità;
- compromissione della mimica facciale, con volto meno espressivo;
- difficoltà di eloquio dovuta ad interessamento dei muscoli della fonazione. Si mostra di solito con ipofonia.
E’ doveroso chiarire che il numero e la gravità iniziale delle prime manifestazioni del Parkinson varia da un paziente all’altro, così come la rapidità di progressione. Chi accusa 2-3 sintomi non giustificati da altre malattie, terapie farmacologiche o stress acuto dovrebbe pensare ad una visita specialistica.
Questo perché il monitoraggio precoce della malattia ha 2 benefici. Da un lato aiuta a intervenire con la terapia appena questa si rivela consigliabile (il che dipende da caso a caso), dall’altro consente di adottare subito strategie e comportamenti che facilitano il controllo del Parkinson (ad esempio l’attività fisica calibrata).
Veniamo ora ai sintomi che si aggiungono quando la neurodegenerazione è in uno stadio più avanzato. L’elenco dei principali annovera:
- perdita dell’equilibrio e modifiche della postura. Tipicamente il soggetto che soffre di Parkinson mantiene il busto lievemente inclinato in avanti o all’indietro, e da fermo tende a oscillare in senso antero-posteriore. Le difficoltà di equilibrio possono causare cadute, richiedendo quindi molta attenzione;
- andatura a passi strascicati e molto corti, anche piuttosto veloci. Il paziente lamenta grave difficoltà ad alzare i piedi e può bloccarsi all’improvviso. Anche questo fenomeno espone a un notevole rischio di cadute;
- bradipsichismo, talvolta fino a una franca demenza (che interessa meno della metà dei pazienti). Il rallentamento delle funzioni cognitive diventa clinicamente rilevante anche 10-15 anni dopo la comparsa delle manifestazioni motorie. Il malato ha bisogno di più tempo per capire le informazioni ed elaborare strategie e decisioni, spesso si notano anche problemi di memoria. La demenza deriva dalla rarefazione neuronale di aree della corteccia (frontale e temporale) in comunicazione con la substantia nigra, e che come quest’ultima mostrano depositi (detti corpi di Lewy) di alfa-sinucleina mal ripiegata. Si è osservato che i pazienti parkinsoniani con demenza tendono a sviluppare un peggioramento più rapido dei sintomi motori;
- incapacità a portare a compimento attività di semplice esecuzione come abbottonarsi la camicia o allacciarsi le scarpe;
- afasia: man mano che il morbo di Parkinson progredisce la capacità di parlare si può ridurre sempre più fino a quasi scomparire;
- incontinenza urinaria e/o fecale. Mentre in uno stadio più precoce si manifesta la necessità di svuotare più frequentemente la vescica, con l’avanzare del morbo il paziente può arrivare a non poter più trattenere l’urina e talvolta nemmeno gli sfinteri;
- incapacità a deambulare e infine a mantenere la posizione seduta: si può verificare allo stadio finale della malattia. Il paziente allettato tipicamente mantiene il volto lievemente flesso verso il busto;
- grave riduzione del riflesso tussigeno. Potrebbe sembrare positivo, ma in realtà lo stimolo della tosse è un meccanismo fisiologico difensivo fondamentale per la sopravvivenza. Ad esempio se un boccone va di traverso la tosse permette, nella maggior parte delle volte, di espellerlo senza danni. Questo per un paziente parkinsoniano diventa impossibile.
Il quadro clinico classico della malattia di Parkinson sopra descritto è modificabile dalle terapie attuali. Non si tratta di cure in grado di invertire in toto la neurodegenerazione della substantia nigra e delle altre aree coinvolte, ma certamente possono rallentarne gli effetti per lungo tempo. Al punto che oggi quest’affezione rimane sì una patologia cronica, progressiva e invalidante, ma raramente letale. L’aspettativa di vita di un soggetto con Parkinson si discosta appena da quella del resto della popolazione.
I decessi provocati dalle complicanze dirette della neurodegenerazione si verificano generalmente in seguito a cadute e infezioni. A favorire le seconde troviamo ad esempio la ridotta motilità vescicale (i patogeni che rimangono più a lungo nelle vie urinarie possono moltiplicarsi diventando pericolosi) e la disfagia. Quest’ultima da un lato causa malnutrizione, dall’altro possibili polmoniti qualora il cibo finisca nelle vie respiratorie.
Il tremito è uno dei sintomo d’esordio della malattia di Parkinson

———— 2 ————
Quali sono le cause del Parkinson?
L’eziologia esatta della malattia di Parkinson è ancora ignota. Non è neppure chiaro se la genesi sia sempre la medesima o se possa innescarsi con meccanismi alternativi in soggetti diversi. I ricercatori hanno comunque evidenziato la coesistenza di influenze genetiche, ambientali e stile di vita nel ruolo di fattori di rischio.
La predisposizione su base genetica si rivela col fatto che circa il 10-15% dei soggetti che ne soffre ha avuto un parente di primo grado parkinsoniano. Il legame più forte con i geni sembra riguardare i soggetti giovani; oggi sappiamo che le mutazioni colpevoli riguardano diversi geni, tutti attivi sulla substantia nigra. Nel novero troviamo quelli che codificano per le proteine alfa-sinucleina, parkina, dardarina, DJ-1 ed altri. Da soggetto a soggetto l’alterazione genetica può variare, non risultando evidente fra l’altro una mutazione concomitante dei geni elencati in coloro che hanno una probabile predisposizione su base familiare.
Tra i fattori ambientali spiccano pesticidi, fungicidi e insetticidi (nocivi per ingestione, contatto e inalazione), metalli pesanti (come ferro, rame, manganese, alluminio e piombo), il metanolo, l’inquinamento atmosferico (in particolare il biossido di azoto e il monossido di carbonio), la trielina e diversi altri composti.
Lo stile di vita può incidere sulla malattia di Parkinson sia favorendone la comparsa che prevenendola. Traumi cranici, sedentarietà, un’alimentazione ricca di grassi animali e vitamina D, alcune infezioni, forse anche lo stress cronico paiono aumentare il rischio di sviluppare il morbo. Viceversa una dieta ricca di legumi e frutta secca oleosa, un’attività fisica equilibrata, l’essere fumatori e consumatori abituali di caffè sembrano svolgere un ruolo protettivo. Secondo una recente ricerca italiana i pazienti oncologici risultano avere un rischio dimezzato di sviluppare patologie neurodegenerative come il Parkinson o l’Alzheimer (Approfondimento: “Assistenza per malati di Alzheimer: Il ruolo della badante e le cure domiciliari”).
Nonostante gli studi proseguano serrati, ancora oggi non conosciamo l’esatta importanza dei fattori di rischio né la portata di un loro effetto sinergico. Non si sa neppure se esistono altri fattori innescanti la malattia ancora da identificare.
Per quanto riguarda i cambiamenti anatomici e funzionali che esitano nella malattia di Parkinson i principali imputati sembrano essere lo stress ossidativo e la formazione dei corpi di Lewy.
Le autopsie di individui colpiti dalla malattia mostrano un eccesso di radicali liberi e una carenza di antiossidanti nelle regioni interessate, nonché un declino funzionale del complesso I. Quest’ultimo è un enzima importante per il corretto funzionamento dei mitocondri, ossia le centrali energetiche delle cellule animali, neuroni inclusi.
Una ridotta attività mitocondriale coincide con una minore sintesi di antiossidanti e un accumulo di composti ossidanti neurotossici. Fra questi spicca il ferro (uno dei fattori esogeni sopra elencati), rinvenuto in eccesso nella substantia nigra dei malati. Non è ancora noto che cosa inneschi l’accumulo del metallo in questi neuroni, ma conosciamo da tempo la sua capacità di promuovere la formazione di radicali liberi.
Idem per l’iperattivazione microgliale riscontrabile nel Parkinson. La microglia, composta da macrofagi, fa parte del sistema immunitario ed è deputata alla difesa del SNC. Una sua iperattivazione tuttavia comporta un’eccessiva produzione di ossido di azoto, un radicale libero tossico di per sé e non solo. Appare infatti in grado sia di inibire il complesso I che di liberare il ferro dai depositi locali, causando in tal modo un marcato danno ossidativo.
I corpi di Lewy sono invece aggregati sferoidali di natura proteica che si formano nel citoplasma cellulare. La loro presenza interferisce pesantemente con le funzioni dei neuroni colpiti, finché questi vanno incontro ad apoptosi. Principalmente derivano da un ridotto smaltimento dell’alfa-sinucleina, una proteina implicata nella trasmissione sinaptica. Si è osservato che tale difetto metabolico deriva da una conformazione anomala della sinucleina medesima, di cui s’ignora la natura precisa. Così come per i radicali liberi, la presenza dei corpi di Lewy nelle aree coinvolte dal Parkinson è una costante.
Anche la vicinanza e la compagnia sono di sollievo ai malati parkinsoniani

Voglio un preventivo e maggiori informazioni
———— 3 ————
Il parkinsonismo
Spesso si sente parlare di Parkinson e parkinsonismo come di un’unica malattia, ma in realtà le cose stanno un po’ diversamente. La malattia di Parkinson (primaria) è la condizione patologica appena descritta di natura idiopatica. Il parkinsonismo invece rappresenta un insieme di alterazioni motorie sovrapponibili a quelle del Parkinson però secondarie a un’altra causa. Per esempio assunzione di alcuni farmaci (fenitoina, clozapina, vincristina, litio, amiodarone, reserpina tra gli altri), idrocefalo normoteso, tumori, traumi cerebrali, alterazioni vascolari.
L’andamento del Parkinson secondario può risultare molto più rapido rispetto alla forma primaria, ma eliminando la causa scatenante spesso è reversibile. Altre differenze riguardano le terapie, dettaglio che mostra l’importanza di una diagnosi corretta.
Voglio un preventivo e maggiori informazioni
———— 4 ————
Come si diagnostica la malattia
Chi vive questa patologia in prima persona o perché si dedica all’assistenza domiciliare per malati di Parkinson (familiari o badante che sia) sa che la diagnosi precoce è sorprendentemente complessa. Sembra strano, dati i vistosi effetti che in pochi anni produrrà la neurodegenerazione.
In realtà le difficoltà diagnostiche hanno numerose e valide ragioni :
- è una condizione che mostra numerose similitudini con altre patologie neurologiche;
- negli stadi iniziali i sintomi sono modesti e alcuni del tutto assenti. Per fare un esempio, alcuni pazienti non sviluppano il tipico tremore;
- la malattia si presenta in una fascia di età in cui alcune manifestazioni del Parkinson potrebbero essere soltanto frutto dell’invecchiamento;
- non esistono esami del sangue specifici per la diagnosi come invece avviene per altre affezioni.
In conclusione: la diagnosi certa del morbo di Parkinson avviene soltanto dopo il decesso, tramite autopsia. Questa rivela sia la presenza di corpi di Lewy che la marcata riduzione di neuromelanina nella substantia nigra, entrambi caratteristici della patologia.
L’iter diagnostico in vivo richiede quindi un’indagine a tutto tondo che si avvale di:
- anamnesi: deve essere molto accurata per identificare fattori di rischio e manifestazioni della malattia di Parkinson così come di altre condizioni che potrebbero simularla;
- visita clinica: lo specialista ricerca in particolare i sintomi motori tipici della malattia (tremore a riposo, ipertono muscolare più accentuato su un lato, bradicinesia);
- indagini strumentali: risonanza magnetica, tomografia fotonica (SPECT) cerebrale con mezzo di contrasto (DaTscan), tomografia a emissione di positroni. La RM studia con grande precisione l’anatomia delle aree interessate, potendo mostrare eventuali anomalie. SPECT e PET utilizzano mezzi di contrasto iniettati per endovena che marcano il sistema dopaminergico, consentendo di valutarne la funzionalità.
Un ulteriore importante elemento diagnostico è la risposta alla terapia con levodopa o dopamino-agonisti: un miglioramento è solitamente indicativo di questa patologia.
Le cure domiciliari per il Parkinson vedono impegnati medici, infermieri, fisioterapisti e caregivers

Voglio un preventivo e altri dettagli sui vostri servizi
———— 5 ————
Come la malattia di Parkinson condiziona la vita quotidiana
Nessun dubbio che l’impatto sulla quotidianità di questa patologia sia molto oneroso, richiedendo il ricorso all’assistenza domiciliare per malati di Parkinson e il cambio spesso radicale delle abitudini quotidiane. Purtroppo riguarda un numero elevato di persone. In Italia le statistiche rivelano che un individuo su 200 nel corso della vita riceverà una diagnosi di neurodegenerazione dovuta a questa patologia.
Per tutti i soggetti colpiti l’espressione della malattia parkinsoniana, con i suoi sintomi motori e non, impone notevoli sforzi adattivi. Da un lato l’individuo con Parkinson deve fare i conti con un corpo che gli obbedisce sempre meno, dall’altro con le ripercussioni emotive ed intellettuali che nascono sia dagli effetti organici del morbo che dalla consapevolezza di doverlo subire.
Anche le terapie richiedono un adattamento, perché in genere occorre modificare la dieta, fare riabilitazione fisica/logopedica ed altro. Ecco nel dettaglio cosa accade.

Una paziente con morbo di Parkinson cammina con il sostegno della badante

Voglio un preventivo e conoscere meglio i servizi che offrite
———— 6 ————
Capacità Motorie
La diminuzione delle abilità motorie che si associa al morbo di Parkinson inizialmente ostacola l’esecuzione di movimenti fini che richiedono elevata coordinazione. Per esempio scrivere, usare una tavoletta grafica o cucire. Tali cambiamenti sovente influenzano anche la vita sociale per la ritrosia del malato a mostrare il caratteristico tremore (che, sottolineiamo, non è onnipresente in tutti i soggetti).
In contemporanea si verifica una ridotta resistenza agli sforzi fisici. Il lavoro manuale, lo sport, le commissioni, salire le scale comportano una fatica inedita. Guidare l’auto è normalmente possibile ma solo previa approvazione della Commissione Medica Locale e con rinnovo su base annuale o biennale. Qualunque paziente potrebbe affermare, insomma, che la malattia ricorda sempre la sua presenza.
Negli stadi avanzati il Parkinson impedisce anche la normale deambulazione, la normale masticazione, lo svolgimento di semplici compiti come il vestirsi o lavarsi e la possibilità di parlare in modo intelligibile. Molti infermi possono muoversi soltanto sulla sedia a rotelle o trovarsi infine allettati. Dalle difficoltà ad alimentarsi scaturisce inoltre una spirale viziosa, perché la conseguente denutrizione indebolisce i muscoli.
Un soggetto parkinsoniano con malattia di lunga data necessita sempre di una caregiver, che nel caso di cure domiciliari può essere una badante (Approfondimento: “Badante convivente: guida completa per contratti, orari e costi per un assistente domestico”) o un familiare (oppure un’assistenza mista). Di solito a questo stadio è sempre attiva l’assistenza domiciliare integrata.
Per contrastare tali mutamenti e preservare autonomia e qualità della vita, è indispensabile per il malato assumere una terapia farmacologica (talvolta chirurgica) e iniziare il prima possibile a fare attività fisica mirata. Gli esercizi studiati per chi soffre della malattia di Parkinson aiutano a mantenere fluidità, coordinazione motoria ed equilibrio posturale. Va da sé che anche la riabilitazione influisce sulla vita del paziente, essendo un impegno di svariate ore settimanali a cui non deve sottrarsi.
Voglio un preventivo e ulteriori dettagli sui vostri servizi
———— 7 ————
Capacità Non motorie
Purtroppo, come abbiamo visto, l’anziano deve fare i conti anche con altri sintomi. Si tratta di un vasto insieme di disturbi dall’impatto non meno invalidante di quelli motori. Questo spiega perché l’assistenza domiciliare per malati di Parkinson talvolta inizia quando il soggetto può ancora muoversi senza sostanziali difficoltà o rischi.
Ma la perdita dell’olfatto, la stipsi, la depressione, l’ansia, l’eccessiva sudorazione, le vertigini, le difficoltà a dormire un sonno riposante, i dolori deteriorano precocemente il suo benessere psicofisico. A risentirne in misura notevole è nuovamente anche la vita sociale, e proprio quando l’individuo avrebbe più bisogno di relazioni e stimoli.
In seguito può verificarsi (o aggravarsi) un calo delle capacità cognitive e mnemoniche, che è sicuramente uno dei problemi maggiori da affrontare. Se il quadro si evolve in demenza il malato perde totalmente la sua autonomia e necessita sia di assistenza continuativa che di un amministratore di sostegno.
Tutto questo impone un rimodellamento della vita quotidiana. Il soggetto con malattia di Parkinson deve accettare la presenza di un caregiver o, negli stadi più avanzati, l’eventuale ricovero in una RSA. Se la prima opzione non sempre è bene accetta, la seconda può generare un rifiuto ostinato perché stravolge completamente la quotidianità del malato.
Inoltre occorre fare i conti con i cambiamenti nella vita personale e sociale. Molte attività e hobbies sono possibili lungo quasi tutto il decorso della patologia, ad esempio andare al cinema, a teatro, al ristorante, viaggiare, e non ci sono interdizioni al lavoro (salvo lavori usuranti, interpretariato, speaking o la guida per autisti con patente C/D/E). Ma devono realizzarsi con ritmi e modalità a misura di malato. Altre abitudini purtroppo vanno abbandonate (sport impegnativi, attività che richiedono elevata concentrazione e prontezza di riflessi in primis).
La depressione è un sintomo non raro nella malattia di Parkinson

Voglio un preventivo e scoprire i vostri servizi
———— 8 ————
Come gestire la mobilità di una persona malata di Parkinson: La funzione della badante
I problemi motori rendono davvero oneroso il compito del caregiver impegnato nell’assistenza domiciliare per malati di Parkinson. La rigidità muscolare tipica della patologia non solo ostacola i movimenti, ma può trasformare il corpo in un “peso morto” che pare quasi opporsi all’aiuto esterno. Inoltre la perdita di equilibrio, il freezing (ossia il fenomeno per cui il malato si blocca improvvisamente) e l’andatura incerta espongono a un elevato rischio di cadute.
Per affrontare queste particolari problematiche occorre una figura professionale adeguatamente formata come può essere una badante di livello DS. Ecco quali strategie può adoperare per garantire al suo assistito un supporto valido:
- rendere la casa a misura di malato: abolire i tappeti (per il rischio d’inciampo), far sistemare maniglie nei punti di passaggio, aggiungere/riposizionare poltrone e sedie in modo che in caso di capogiri il paziente possa sedersi, migliorare l’illuminazione;
- vegliare affinché svolga con costanza gli esercizi fisici prescritti dallo specialista;
- accompagnarlo nelle passeggiate quotidiane; la presenza dell’assistente familiare si rivela particolarmente preziosa in caso di freezing;
- preparare pasti bilanciati sulle sue esigenze. Fondamentale, per esempio, che il malato consumi le pietanze ad elevato contenuto proteico lontano dagli orari di assunzione della levodopa (la competizione fra aminoacidi ridurrebbe l’assorbimento periferico del farmaco). Altrettanto importante tenere in conto la disfagia, scegliendo alimenti di consistenza morbida o semiliquidi;
- coadiuvare i movimenti del malato in difficoltà e, quando l’aggravarsi delle sue condizioni lo rende necessario, provvedere alla sua movimentazione. Quest’ultimo compito richiede grande cautela e attenzione, oltre a una preparazione adeguata. Il soggetto parkinsoniano infatti è fragile, soggetto a dolori per via dei muscoli contratti e pressoché impossibilitato a collaborare.
Assistenza diurna a casa per portatori di patologie neurodegenerative

Voglio un preventivo e dettagli sui servizi che offrite
———— 9 ————
Vantaggi dell’assistenza domiciliare per malati di Parkinson
Prima o poi i malati (e gli eventuali familiari) devono decidere come gestire la perdita di autonomia causata dall’neurodegenerazione motoria. La scelta nella maggior parte dei casi coincide con l’assistenza domiciliare per malati di Parkinson. Chi ne ha facoltà generalmente assume una badante specializzata di livello D Super e si avvale dell’ADI, acronimo di assistenza domiciliare integrata (Approfondimento: “Assistenza domiciliare integrata: in cosa consiste e requisiti necessari”). Il motivo è intuibile: questa misura di sostegno consente a chi subisce la patologia di mantenere la propria vita, le proprie abitudini e, in caso di convivenza, la vicinanza ai familiari.
Ma i vantaggi non sono terminati. La presenza di una caregiver dedicata rassicura l’assistito, consapevole di poter contare su un aiuto in ogni momento. Il sostegno emotivo non è da sottovalutare: chi è affetto da Parkinson tende alla depressione causata sia dalla carenza di dopamina a livello cerebrale che dalle limitazioni e dalle incognite provocate dalla patologia. In effetti gli anziani con degenerazione neuromotoria che dispongono di un’assistente domiciliare reagiscono molto meglio alla malattia e sono più propensi a impegnarsi nelle terapie riabilitative.
Altro vantaggio della presenza costante della badante è il livello ottimale di personalizzazione del servizio assistenziale. Ogni malato è una persona con abitudini, bisogni e volontà uniche, che sono la somma della sua individualità e dello sviluppo della malattia. Un’assistente domiciliare fra i vari compiti ha quello di aiutare il paziente a rimanere sé stesso. Il che include anche la sua vita sociale: può accompagnarlo fuori casa nelle sue attività di svago, a cui altrimenti dovrebbe rinunciare.
Voglio un preventivo e altri dettagli sui vostri servizi
———— 10 ————
Assistenza domiciliare per malati di Parkinson: Inquadramento e retribuzione
L’assistenza domiciliare per malati di Parkinson può essere erogata con diversi livelli di inquadramento, cui consegue altrettanta varietà di retribuzione.
Questa flessibilità garantisce 2 vantaggi. Il primo è che si tratta di una soluzione modellabile sulle necessità di caregiving del paziente. Al contempo è possibile ottimizzare i costi dell’assunzione di una badante (Approfondimento: “Breve guida per la detrazione fiscale delle spese per l’assistenza domiciliare”).
Le alternative riguardano sia il ruolo dell’assistente familiare che l’orario lavorativo. In dettaglio, la scelta contempla:
- badante non specializzata di livello BS per l’assistenza a casa di una persona autosufficiente (come può essere il soggetto parkinsoniano nei primissimi stadi della patologia). Questa categoria ha una retribuzione più modesta;
- badante non specializzata di livello CS per il supporto domiciliare di soggetti non autosufficienti. Lo stipendio percepito da un’assistente familiare CS è maggiore del livello BS;
- badante con specifica formazione per la cura di persone non autosufficienti (livello D Super), scelta idonea per il caregiving di un anziano affetto da Parkinson. Questa operatrice specializzata ha diritto a una retribuzione più alta dei 2 livelli sopra elencati.
Bisogna poi tenere presente che ciascuna assistente familiare, indipendentemente dal livello, può essere assunta a tempo pieno con pernottamento (badante convivente) oppure no. E’ facile comprendere come un orario lavorativo pieno si traduca in una retribuzione più elevata. Precisiamo però che il full time con convivenza non corrisponde (naturalmente!) a 24 ore effettive di servizio. Generalmente la caregiver convivente opera:
- di giorno, mentre di notte è inquadrabile come assistente in presenza (in caso contrario percepisce gli straordinari);
- di notte (l’orario di riferimento è h 20-8), con diritto al riposo diurno nella sede di lavoro.
Assistente domiciliare per pazienti con malattia di Parkinson

Voglio un preventivo e ulteriori informazioni
———— 11 ————
Tipologia di contratti e stipendio per la badante specializzata
Un anziano affetto da Parkinson può necessitare di un supporto assistenziale a domicilio continuativo oppure in determinate fasce orarie. A fare la differenza sono lo stadio della patologia, l’eventuale concomitanza di altri problemi di salute e la situazione familiare. In base a queste variabili può assumere una badante specializzata a tempo pieno, a fasce orarie diurne oppure per l’assistenza notturna (Approfondimento: “Quanto costa una badante a ore”).
La caregiver assunta con contratto full time percepisce un compenso mensile che parte da una base di circa € 1.400 come previsto dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (su base trimestrale si aggiungono i contributi INPS e INAIL). A tale importo si somma l’indennità di funzione prevista per le badanti dedite all’assistenza di persone non autosufficienti, il cui importo corrisponde circa a 200 euro.
L’assistente familiare convivente ha diritto ovviamente anche a vitto e alloggio. Qualora non ne usufruisca riceve un corrispettivo forfettario in busta paga fissato a € 6,60 giornalieri. Se il rapporto di lavoro si protrae oltre i 2 anni si somma un’ulteriore incremento del 4% (calcolato sulla retribuzione minima contrattuale) che costituisce il primo dei 7 scatti biennali d’anzianità previsti dal CCNL. Nello stipendio della badante di livello DS va anche incluso il rateo ferie.
Una maggiorazione facoltativa è costituita dal superminimo: si tratta di un incentivo premio pensato per i caregiver con elevate responsabilità. Nella mensilità di dicembre si aggiunge la tredicesima e, se concordato, l’anticipo della liquidazione.
Una badante non convivente con inquadramento DS che assiste un malato di Parkinson in fascia diurna riceve una retribuzione proporzionale alle ore lavorative accumulate. I minimi retributivi per la categoria partono da € 9,50 l’ora. L’importo complessivo dello stipendio include però le altre voci già viste per la convivenza: contributi previdenziali, ferie, eventuale scatto/i di anzianità se il rapporto di lavoro ha avuto inizio almeno 2 anni prima.
A fine anno si aggiunge la tredicesima, il cui ammontare risulta in funzione dei cedolini mensili dell’anno di riferimento. Se la badante ne ha fatto richiesta, sempre a dicembre può ricevere un anticipo del Trattamento di Fine Rapporto, che comunque va accantonato dal datore di lavoro.
La badante notturna va inquadrata come convivente. Il suo contratto risulta quindi sulla falsariga di quello visto per la badante a tempo pieno che lavora di giorno. Se invece la caregiver ha un contratto a ore (l’impegno totale non deve superare le 40 ore settimanali) lo stipendio e le voci della busta paga equivalgono a quelle delle badanti attive in orario diurno con una maggiorazione del 20% per ogni ora in fascia 22-6.
Voglio un preventivo e altre informazioni
———— 12 ————
Orari, ferie, permessi della badante per malati di Parkinson
Il contratto di assunzione di una badante convivente di livello DS prevede un impegno lavorativo dell’operatrice fissato a un massimo di 54 h settimanali. L’orario di lavoro è da concordare in base alle necessità dell’assistito. Come stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico però non può superare le 10 ore giornaliere. Un’eventuale eccedenza è da inquadrarsi come lavoro straordinario. Le fasce orarie devono consentire alla caregiver 11 ore ininterrotte di riposo (vi è inclusa la fascia oraria notturna).
La badante specializzata impegnata a tempo pieno nel corso di un anno di lavoro acquisisce il diritto a 26 giorni di ferie retribuite. Il godimento delle medesime può realizzarsi in un unico periodo oppure in 2 intervalli distinti. A questi giorni si sommano i riposi domenicali e quelli legati alle festività (Natale, Pasqua, Ferragosto, Ognissanti, etc.).
Per quanto concerne i permessi lavorativi, la caregiver full time che assiste un malato di Parkinson può richiedere permessi (che saranno regolarmente pagati) per giustificati motivi presentando richiesta con un anticipo di almeno 48 ore. Le assenze per permesso prevedono un tetto limite di 16 ore all’anno. Un eventuale superamento del massimale, concordabile con il datore di lavoro, si configura come sospensione del servizio o aspettativa. La badante non riceverà retribuzione per i giorni/ore di assenza, ma mantiene il diritto al suo posto di lavoro.
Una OSS in servizio domiciliare aiuta un anziano con problemi di deambulazione

Voglio un preventivo e risparmiare grazie allo sconto in fattura
———— 13 ————
TFR, tredicesima e straordinari della badante per malati di Parkinson
Il trattamento di fine rapporto di una badante impegnata nell’assistenza di una persona affetta da Parkinson ha un ammontare proporzionale al numero di anni di servizio. Il calcolo su base annuale è semplice: si calcola la somma dei 12 stipendi mensili più la tredicesima e si divide per 13,5.
Il risultato è la liquidazione, che viene versata alla cessazione del servizio oppure, su richiesta della badante, anche con una quota anticipata annuale erogabile a dicembre (nella misura massima del 70%).
La tredicesima della badante viene analogamente corrisposta a dicembre. Il suo importo è analogo a quello dello stipendio mensile se l’assistente domiciliare ha lavorato per tutto l’anno. La formula è: stipendio globale/12. Se invece la sua assunzione ha avuto luogo ad anno avviato si calcola il totale degli stipendi versati e si divide per 12.
Veniamo adesso al calcolo degli straordinari da pagare alla badante di un paziente parkinsoniano. Qui il calcolo deve tenere conto del numero di ore di straordinario e della fascia oraria/giorno in cui sono avvenuti, ossia:
- straordinari diurni feriali prestati dalle h 6 alle h 22 dei giorni feriali. Il pagamento previsto dal CCNL corrisponde al compenso orario base più una maggiorazione è del 25%;
- straordinari notturni feriali prestati dalle h 22 alle h 6. Il compenso equivale alla somma della tariffa oraria base più una maggiorazione del 50%;
- straordinari festivi. In questo caso il datore di lavoro deve pagare alla badante la tariffa base maggiorata del 60%.
Una cosa da sapere sugli straordinari della caregiver che assiste a domicilio un malato di Parkinson è che c’è un tetto massimo di ore da non superare. Una badante convivente non deve lavorare oltre le 11 ore giornaliere, mentre una badante a ore può fare al massimo 8 ore extra settimanali.
Riferimenti
- https://www.nhs.uk/conditions/parkinsons-disease/
- https://www.ninds.nih.gov/health-information/disorders/parkinsons-disease
- https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/parkinson-disease
Voglio un preventivo e conoscere i vantaggi che offrite
———— 14 ————
Siamo presenti nelle seguenti città:
